
Tennis o avvocata? Francesca e la nuova pallina
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di Emmanuele Michela
Volley o dislessia, Martina non conosce muri:
«Ora la laurea sul linguaggio non verbale nello sport»
Martina Morandi non conosce muri, sotto rete o davanti ai libri. La laurea in Linguaggi dei Media all’Università Cattolica del Sacro Cuore arriverà il prossimo autunno, al termine di un percorso di studi tostissimo per chi fa volley a livello professionista - ha appena chiuso la stagione con la Uyba, in A1 - e, per di più, soffre di dislessia. «Sono stati 3 anni bellissimi, anche se mi è mancata molto la quotidianità della vita universitaria», dice, ripensando alle tante ore spese in palestra a discapito dei chiostri, per poi recuperare ore di lavoro a distanza.
Monzese, 22 anni, la prossima stagione andrà al Volley Casalmaggiore - A2 - ed è grata al percorso Dual Career che le ha permesso di arrivare fino alla laurea. Dove porterà una tesi sui generis, sul linguaggio non verbale nella comunicazione nello sport. «Sono partita dai segnali che ci facciamo noi atlete con le mani nel volley, prima di ogni battuta: essendo io dislessica, quei gesti mi permettono di capire prima ogni strategia, più di ogni altra parola». Questo perché anche quando si fa sport i disturbi d’apprendimento - come la dislessia - si sentono: «A volte in campo credo di essere in un posto, invece sono in un altro. Ho bisogno di cercare riferimenti semplici sul parquet, come righe o sponsor, dettagli che di solito altre pallavoliste non curano». A ciò Martina sta dedicando i suoi studi, anche con l’idea di sviluppare un protocollo d’allenamento realizzato dalla Fondazione dei suoi genitori (Fondazione Morandi) grazie alla collaborazione con il consorzio Vero Volley di Monza, che permetta di approfondire strategie per favorire il dialogo tra allenatori e atelti con dislessia.
Lo scopo è nobile e complesso, ma d’altronde Martina alla pallavolo deve tantissimo. « La vita da atleta è bellissima, e lo sport mi ha dato tanto. Davvero mi ha salvato, da piccola ero isolata, e il volley mi ha reso estrosa e solare». Racconta delle difficoltà a scuola coi docenti e delle prese in giro dei compagni, dei muri che crescono attorno a lei e che però, piano piano, iniziano a crollare, scoprendo che in realtà c’era un metodo, anche per lei, per studiare: «Mia mamma subito si era accorta, già quando ero alla Primaria, così ho iniziato ad andare dalla logopedista e da una neuropsichiatra. In questo modo ho imparato anche l’importanza del lavoro utile a fare mappe concettuali e liste di parole».
Il risultato sta anche nella laurea ventura: «L’università è stata la stagione migliore per i miei studi, rispetto alle scuole precedenti. Questo anche perché la Cattolica ha un servizio inclusione molto curato e disponibile. Ho scelto questa facoltà anche perché non aveva test d’ingresso - ero certa che sarei andata in tilt -, inoltre mi è sempre stata data la possibilità di usare il mio pc, avere 30% del tempo in più nelle prove, usare mappe concettuali e liste di parole che inviavo ai docenti 2 settimane prima degli esami per approvazione. Insomma, non mi è mancato nulla. Posso ritenermi fortunata, anche perché i miei genitori, in particolare mia mamma, mi hanno molto supportata in questa strada». Così guardare al domani è un’altra roba: «È dalle medie che vivo questa alternanza stretta tra volley e scuola. È stata impegnativa, ma mi ha costruito, nel fisico e nelle motivazioni. Per questo vorrei continuare a lavorare nello sport, un domani».
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