Università Cattolica del Sacro Cuore

È l’ora di sperimentare nuovi paradigmi d’impresa e di management


In questi ultimi tempi stiamo assistendo in tutto il mondo a una crescente attenzione verso nuovi paradigmi d’impresa e di management. Si moltiplicano i consessi, le normative, le best practice. In particolare, si pone l’accento sulla necessità di imprenditori e di imprese più capaci di fare impresa in modo compatibile con le esigenze della società, dell’ambiente e dell’uomo. Imprese certamente solide dal punto di vista del business e in particolare dei risultati economici, ma anche con meno esternalità negative ambientali e sociali e quindi con un maggiore impatto economico e sociale.

L’idea è fare impresa all’interno di un nuovo framework concettuale in cui sapientemente coniugare economia, felicità, relazioni e bene comune, non tanto secondo una logica top-down, ma bottom-up che consenta di dare un nuovo spirito alle economie locali e globale. Imprese ed ecosistemi più virtuosi e inclusivi che producono common goods e benessere, coniugando profits e social impact nell’ambito di nuovi business models aventi veramente al centro le persone. (...) Un modello economico e di impresa basato su più responsabilità e trasparenza verso le persone, stipendi più adeguati ma anche più partecipazione, dove di fatto gli interessi di molti prevalgono su quelli di pochi; soggetti anche più rispettosi delle comunità in cui si opera e orientati veramente a un'attività economica più socialmente responsabile.

Tanti sono i ragionamenti e le sperimentazioni che si muovono in questa direzione. Si pensi solamente alla recente “Economy of Francesco”, al moto delle Bcorp e cioè delle società benefit, alla costituzione di fondazioni corporate al servizio delle comunità, alle strategie e ai comportamenti di corporate social responsibility attuati sempre di più dalle imprese, ma anche alle società cooperative (che gestiscono importanti volumi di attività industriali e di welfare) o al fenomeno delle imprese sociali recentemente riformate in Italia.
Il problema è sempre lo stesso e cioè coniugare in modo nuovo e virtuoso performance economica e performance sociale, senza sbilanciarsi sull’uno o sull’altro estremo, aspetto che determinerebbe inevitabilmente un sacrificio degli aspetti sociali oppure di quelli economici.

Come sempre, il nocciolo della questione sta nei valori dell’imprenditore e del management che poi vengono portati nei progetti strategici. Non è un problema di norme e di assetti organizzativi o giuridici.
Per questi motivi, occorre puntare molto sulla formazione di nuovi imprenditori e nuovi manager capaci di proporre progetti imprenditoriali diversi dal solito, integrando ragionamenti economici, sociali e ambientali e alimentando circoli virtuosi di sviluppo per l’azienda e per gli stakeholder sia nel breve che nel medio-lungo termine.


Leggi l'intera analisi del Professore Marco Grumo (Docente di Economia aziendale e di organizzazione e management delle imprese internazionali e globali all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Coordinatore scientifico di Cattolicaper il Terzo Settore), pubblicata su IlSole24ore.com


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