Università Cattolica del Sacro Cuore

Dizionario della Dottrina sociale della Chiesa
Organizzazioni non profit e imprese sociali: profili organizzativi e gestionali


di Marco Grumo

 


Le organizzazioni non profit

Le organizzazioni non profit (dette anche del terzo settore, della società civile, del privato-sociale o corpi intermedi) sono enti privati costituiti da secoli in tutto il mondo, con diverse forme giuridiche e normative, per svolgere in modo esclusivo o prevalente attività sociali di interesse generale senza scopo di lucro. In Italia vi rientrano le seguenti: associazioni, fondazioni, comitati, organizzazioni di volontariato, di cooperazione internazionale, associazioni di promozione sociale, imprese cooperative sociali, organizzazioni non governative, enti ecclesiastici e altri enti senza scopo di lucro.

Non distribuiscono utili, né annualmente né in ipotesi di cessazione della loro attività. Nascono solitamente “dal basso” per perseguire una missione sociale definita dallo statuto. Non appartengono all’architettura dello Stato (e in generale delle pubbliche amministrazioni) né operano in forza del perseguimento di un interesse economico privato.

In Italia esse sono state recentemente regolamentate dalla riforma del terzo settore (D.lgs. 112/2017).

Posto il divieto di distribuire utili in forma diretta e indiretta, le organizzazioni non profit operano in numerosi settori di particolare rilevanza sociale, quali ad esempio: sanità, assistenza e servizi sociali; sport dilettantistico; educazione; ambiente; cultura e arte; ricerca scientifica; cooperazione allo sviluppo; beneficenza.

Trattasi di enti eterogenei dal punto di vista delle dimensioni e delle dotazioni patrimoniali; molti si caratterizzano anche per l’impiego di volontari e perché ricevono liberalità in moneta, di beni e di lavoro dalle persone e dalle imprese e risultano destinatari del cinque per mille. Molte organizzazioni fondano infatti la propria economia e operatività sul meccanismo del dono. A fronte delle erogazioni liberali effettuate a favore di queste organizzazioni, i donatori godono di agevolazioni fiscali (di diversa entità, a seconda dei Paesi e delle configurazioni tributarie degli enti): in particolare, in Italia i donatori-persone fisiche ottengono benefici fiscali nella forma della detrazione d’imposta, mentre le imprese nella forma della deduzione dal reddito imponibile. Gli utili conseguiti dalle organizzazioni non profit derivanti dalle attività non commerciali non sono oggetto di tassazione diretta, a differenza dei profitti conseguiti nell’ambito delle attività commerciali.

Le imprese sociali

Le imprese sociali costituiscono imprese a tutti gli effetti (ma senza scopo di lucro), aventi anche la forma delle società di capitali commerciali (es. spa impresa sociale). Queste imprese mostrano rilevanti connotazioni sociali circa: a) le finalità; b) le attività svolte; c) le modalità di gestione e di organizzazione, operando in settori di interesse generale e perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Le imprese sociali si distinguono perché adottano modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti (Borzaga e Defourny 2001). Le imprese sociali, recentemente riformate in Italia dal decreto n. 112/2017, possono anche distribuire utili seppure in forma limitata; infine gli investitori e i donatori fruiscono di interessanti vantaggi fiscali.

Un fenomeno rilevante e peculiare

Nelle organizzazioni non profit e nelle imprese sociali occorre bilanciare diverse aspettative legittime, quelle dei beneficiari con quelle dei donatori, dei lavoratori, dei fornitori e degli stessi finanziatori e investitori privati.

Dal punto di vista della governance, molte organizzazioni non profit sorgono e si sviluppano per iniziativa di un gruppo ristretto di persone o addirittura di un’unica persona; inoltre nelle loro strutture di governance esistono organi peculiari, quali ad esempio comitati scientifici e organismi consultivi, nonché coesistono diverse categorie di soci/associati (es. fondatori, ordinari, sostenitori).

Le organizzazioni non profit e le imprese sociali costituiscono una diretta espressione del principio di sussidiarietà (Centesimus annus, 1991, 48).

In America il settore non profit nasce sostanzialmente come soggetto in alternativa al modello dell’impresa for profit, mentre in Europa esso nasce più come alternativa al modello sociale basato sullo Stato.

Le organizzazioni non profit e le imprese sociali costituiscono un fenomeno rilevante anche sul piano economico, tanto che si parla sempre di più di economia non profit.

La teoria economica più classica ha tentato di spiegare la presenza di queste organizzazioni a seguito dell’esistenza di consumatori che non riuscivano a soddisfare i propri bisogni mediante i beni e servizi offerti dal settore pubblico (Weisbrod 1977) e dal mercato (Hansmann 1980) – cosiddetta teoria dei fallimenti dello Stato e del mercato (contract failures). Secondo queste teorie, l’esistenza del settore non profit dipenderebbe sostanzialmente dall’ampiezza del grado di insoddisfazione dei consumatori e del grado di eterogeneità delle preferenze della popolazione dal lato della domanda, arrivando a concepire tali organizzazioni come soggetti “terzi” rispetto allo Stato e al mercato, quasi delle “anomalie istituzionali” nell’ambito di un sistema imperniato sul “duopolio” Stato-mercato. In realtà le organizzazioni non profit e le imprese sociali vanno ben oltre l’offerta dello Stato e del mercato e rappresentano tutt’altro che un’anomalia. Per Bruni e Zamagni (2004), infatti, queste organizzazioni sono soggetti peculiari nelle motivazioni, nei beni prodotti e nei comportamenti, che non possono essere spiegate in modo “residuale”.

La differenza sostanziale tra le organizzazioni non profit e quelle for profit risiede nella priorità della missione sociale rispetto al profitto. Tuttavia per Hansmann (1980), a queste organizzazioni non è preclusa assolutamente la possibilità di realizzare un utile di esercizio (funzionale alla loro continuità); è soltanto la distribuzione dei profitti che è invece vietata. Infatti uno degli aspetti caratteristici della loro gestione è costituito proprio dal raggiungimento di un delicato equilibrio tra la missione sociale e la sostenibilità economica: del resto, anche in queste organizzazioni le perdite indeboliscono, fanno aumentare i debiti, creano dipendenza finanziaria da terzi soggetti, erodono il patrimonio di dotazione e quindi la capacità dell’organizzazione non profit di perseguire nel tempo la finalità non economica e quindi il bene comune. Inoltre queste organizzazioni si differenziano da un’impresa for profit principalmente per l’assenza di azioni o altri certificati di proprietà che conferiscono a chi li possiede una quota di partecipazione nei profitti e nel controllo. Inoltre per Hansmann esistono organizzazioni non profit più basate sulle donazioni e organizzazioni che invece ritraggono maggiormente le proprie risorse finanziarie da attività di mercato, in cui possono presentarsi anche veri e propri rischi di “commercialization” dell’organizzazione e quindi di allontanamento dalla propria identità originaria, a causa della difficoltà naturale di coniugare efficacemente “identità” e “servizio” (Weisbrod 1998).

L’importanza delle organizzazioni non profit per la Chiesa, l’economia e la società

Le organizzazioni non profit nella società attuale individuano bisogni (relazionali) a cui né il mercato né lo Stato riescono a rispondere, producendo beni relazionali, detti anche beni sociali primari o meritori e in generale capitale sociale, inteso come con l’insieme dei valori, degli stili di vita, delle norme di comportamento che orientano le scelte individuali in direzioni coerenti con la promozione del bene comune della società o comunque del gruppo sociale di riferimento (Putnam 2004, Rossi, Boccacin 2007); un capitale indispensabile per la convivenza civile (Laudato si’, 2015, 117; Fratelli tutti, 2020, 8).

Le organizzazioni non profit rappresentano anche un attore importante di partecipazione, di cittadinanza attiva e di democrazia. Molte di esse si caratterizzano anche per il prezioso coinvolgimento del volontariato a cui la Chiesa da sempre è molto attenta (Centesimus annus, 49) tanto da considerarlo, quando vissuto come servizio disinteressato ai più poveri, “una espressione importante di apostolato” (Christifideles laici, 1981, 41). Anche il Sud del mondo è un terreno molto fertile per le attività del terzo settore, per creare a livello internazionale “una nuova cultura di solidarietà” (XXXIII Giornata mondiale della pace, 1999, 17).

Le organizzazioni non profit sono state riconosciute anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, la quale sancisce all’art. 20 il diritto di ogni persona “alla libertà di riunione e di associazione pacifica”; un diritto, per San Giovanni XXIII, fondamentale per assicurare “alla persona umana una sfera sufficiente di libertà e di responsabilità” (Pacem in terris, 1963, 11).

Inoltre in tutte queste organizzazioni la trasparenza interna ed esterna hanno un ruolo fondamentale: la trasparenza, infatti, influenza il livello di credibilità e di fiducia nell’organizzazione non profit e di conseguenza il grado di sostegno finanziario (e non finanziario) da parte delle comunità (Grumo, 2001).

Il fenomeno delle organizzazioni non profit e delle imprese sociali riguarda anche le confessioni religiose sotto molteplici punti di vista: attorno agli enti ecclesiastici ruotano infatti numerose organizzazioni non profit e imprese sociali operanti, ad esempio, nei settori della sanità, dell’assistenza, della scuola, del volontariato e molte sono anche le problematiche economico-gestionali comuni con gli enti ecclesiastici (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, 2018; Economia al servizio del carisma e della missione, 2018; La Chiesa cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, 2020).

Quanto infine all’importanza di sostenere il mondo non profit e in generale tutti i corpi intermedi, Papa Francesco nell’udienza generale del 23 settembre 2020, ha affermato: ”i vertici della società devono rispettare e promuovere i livelli intermedi […]. Infatti il contributo degli individui, delle famiglie, delle associazioni, delle imprese, di tutti i corpi intermedi e anche delle Chiese è decisivo. Questi […] rivitalizzano e rafforzano il corpo sociale”.

Le organizzazioni non profit e le imprese sociali rappresentano quindi un ambito di approfondimento sempre più importante per il Magistero della Chiesa dei prossimi anni, chiamato a riflettere nella direzione dell’attuazione di un sistema di welfare nuovo, più differenziato, plurale e capace di affrontare un insieme complesso di bisogni sociali mediante una più ampia e qualificata partecipazione dei cittadini, insieme alle istituzioni e alle imprese.


Bibliografia

Borzaga C., Defourny J. (2001), The Emergence of Social Enterprise, Routledge.
Bruni L., Zamagni S. (2004), Economia civile, il Mulino.
Grumo M., (2001), Introduzione al management delle aziende non profit, Etas Libri.
Putnam R., (2004), Capitale sociale e individualismo, il Mulino, ed. orig. (2000) Bowling Alone, Simon & Schuster.
Rossi G., Boccacin L. (2007), Capitale sociale e partnership pubblico, privato e terzo settore, Franco Angeli.


Autore
Marco Grumo, Università Cattolica del Sacro Cuore (marco.grumo@unicatt.it)
 

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