Università Cattolica del Sacro Cuore

La modifica dei criteri di capitalizzazione dei costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità è una delle principali novità della normativa nazionale relativa alla redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato. La disciplina della redazione del bilancio di esercizio, contenuta nel Codice civile, è stata notevolmente modificata dal recepimento della direttiva 2013/34/UE attraverso il decreto legislativo 139/2015, entrato in vigore l’1 gennaio 2016. Una modifica che interessa anche le società di calcio professionistiche non quotate, per le quali, oltre alle norme del Codice civile, sono rilevanti le Raccomandazioni Contabili elaborate dalla FIGC giacché tra i costi di ricerca e sviluppo venivano considerati i costi del vivaio (ossia i costi sostenuti dal club per la promozione e l’organizzazione del settore giovanile).

«Prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 139/2015, il Codice civile prevedeva che all’attivo dello Stato patrimoniale si potessero capitalizzare i costi di ricerca e di sviluppo – spiega Claudio Sottoriva, docente di Metodologie e determinazioni quantitative d’azienda presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica, su Sportbusinessmanagement.it –. Con il recepimento della direttiva 2013/34/UE, invece, è possibile la capitalizzazione dei soli costi di sviluppo, come previsto anche dai principi contabili internazionali IAS/IFRS (a cui devono fare riferimento le società quotate, ndr). Quindi, in futuro per i costi del vivaio potrebbe derivare un diverso trattamento contabile».

Possono essere capitalizzati?

Per sapere cosa è possibile capitalizzare, occorre leggere attentamente la raccomandazione contabile n. 2 della FIGC, che cita i premi di preparazione corrisposti per il tesseramento di giovani calciatori, i costi per vitto, alloggio e trasporto per le gare disputate dalle squadre giovanili, i compensi e i rimborsi spese corrisposti ad allenatori, istruttori e tecnici del settore giovanile e i rimborsi spese corrisposti ai calciatori, i costi connessi alla stipulazione di assicurazioni contro gli infortuni e le spese sanitarie sostenute a favore dei calciatori del settore giovanile. Ma attenzione, la capitalizzazione di tali costi avviene nella loro interezza, quindi non si opera l’imputazione su singoli calciatori.

«Sulla base della disciplina vigente sino al 31 gennaio 2015 – aggiunge il professor Sottoriva –, tali costi potevano essere iscritti nell’attivo dello Stato Patrimoniale, precisamente nelle immobilizzazioni immateriali, e venivano ammortizzati in cinque anni. Veniva indicato l’ammontare della voce “capitalizzazione costi vivaio”, al netto del relativo fondo ammortamento. In questo momento, però, è in corso il processo di aggiornamento dei principi contabili nazionali emanati dall’OIC e tale aggiornamento dovrà necessariamente riguardare anche le Raccomandazioni contabili della FIGC».

Dal punto di vista contabile, i costi sostenuti per la promozione e l’organizzazione del settore giovanile sono stati generalmente assimilati ai costi di ricerca e sviluppo, quando hanno natura pluriennale. «Ma la sola attinenza a specifici progetti di sviluppo – precisa Sottoriva – non è condizione sufficiente affinché i relativi costi abbiano legittimità di capitalizzazione. Per tale finalità, essi devono anche possedere tre requisiti: 
-    essere relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili. Equivale a dire che la società deve essere in grado di dimostrare, per esempio, che i costi di sviluppo hanno diretta inerenza al prodotto, al processo o al progetto per la cui realizzazione essi sono stati sostenuti;
-    essere riferiti ad un progetto realizzabile, cioè tecnicamente fattibile, per il quale la società possieda o possa disporre delle necessarie risorse;
-    essere recuperabili. In altre parole, la società deve avere prospettive di reddito in modo che i ricavi che prevede di realizzare dal progetto siano almeno sufficienti a coprire i costi sostenuti per lo studio dello stesso, dopo aver dedotto tutti gli altri costi di sviluppo, i costi di produzione e di vendita che si sosterranno per la commercializzazione del prodotto.

Cosa potrebbe accadere

Discostandosi dai principi contabili internazionali, per i quali i costi del vivaio non possono essere capitalizzati, le possibili alternative in sede di aggiornamento delle Raccomandazioni contabili FIGC potrebbero essere le seguenti:

- si continuano a capitalizzare i costi del vivaio quali particolare tipologia di “costi di sviluppo”;
- si continuano a capitalizzare i costi del vivaio ma considerandoli quali particolare tipologia di “costi di impianto e di ampliamento”;
- si continuano a capitalizzare i costi del vivaio ma considerandoli quali “altre immobilizzazioni immateriali”;
- non si capitalizzano più i costi del vivaio».

Secondo la bozza di OIC 24, gli oneri pluriennali possono essere iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale solo se è dimostrata la loro utilità futura, se esiste una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri di cui godrà la società di calcio o se è stimabile con ragionevole certezza la loro recuperabilità. «Ma è abbastanza difficile – commenta il professor Sottoriva – dimostrare il rispetto dei tre requisiti relativamente ai costi del vivaio sostenuti da un club, giacché l’utilità pluriennale è giustificabile solo in seguito al verificarsi di determinate condizioni gestionali, produttive, di mercato che al momento della rilevazione iniziale dei costi devono risultare da un piano economico della società. E con riferimento ai costi del vivaio ciò risulta molto difficile». 

Infine, è molto complesso stimare con ragionevole certezza la recuperabilità dei costi del vivaio e la loro iscrivibilità quale particolare tipologia di costi di impianto e di ampliamento, «perché la rilevazione di questi ultimi nell’attivo dello stato patrimoniale – chiosa – è consentita solo se si dimostra la congruenza ed il rapporto causa-effetto tra i costi in questione ed il beneficio che dagli stessi la società si attende».

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