Università Cattolica del Sacro Cuore

Isalbet Juarez ha 30 anni ed è originario di Cuba, dove ha vissuto fino all'età di 11 anni prima di trasferirsi in Italia con la madre, di professione infermiera. Fin da bambino, Isalbet ha sempre covato dentro di sé un grande interesse per l'atletica leggera, praticata a livello più che amatoriale per le strade di Cuba: «Correvo con i miei amici ovunque, per le vie o nei parchi. Il luogo non è importante quando si ama uno sport così intensamente». 

Gli inizi

Arrivato in Italia, la sua passione non ha perso intensità. E ai Giochi della gioventù l'amore sboccia definitivamente. Negli 80 metri piani quel ragazzino di prima media impressiona tutti con i suoi tempi da record. Spinto dai propri insegnanti, inizia ad allenarsi a livello agonistico. Si stabilisce a Rivolta d'Adda, in provincia di Bergamo, e alla passione per l’atletica unisce la cultura del lavoro. Una qualità che dimostra di avere anche durante gli allenamenti, attenti e curati nei minimi dettagli. 

Le Fiamme Oro

«Nel 2008 sono entrato nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro, che mi hanno dato la possibilità di svolgere l'attività a tempo pieno. E sono arrivati i risultati: il titolo italiano, la partecipazione con successo ai successivi Europei, Mondiali e Giochi del Mediterraneo». Specialista dei 400 metri piani, il velocista diventa protagonista anche di un episodio di cronaca ripreso dalle maggiori testate nazionali: mentre si trovava a Rimini per un evento organizzato dalle Fiamme Oro per i suoi atleti, Juarez sventa uno scippo, rincorrendo i due malviventi che stavano scappando in bicicletta. Come prevedibile, il velocista li blocca.. in molto meno di 400 metri. 

L'infortunio

Ma proprio quando la carriera sportiva sembrava in procinto di sbocciare, accade l’imprevedibile. «Un'ernia del disco mi ha costretto a operarmi ed interrompere l'attività sportiva». Quel mondo fatto di blocchi di partenza, piste sintetiche e tanto sudore crolla tutto d’un colpo. Ed è allora che emerge la forza di volontà che lo ha caratterizzato fin da bambino: passato alla Questura di Milano, nella caserma Garibaldi, Juarez si allena nel tempo libero per ritrovare la forma di un tempo. Con un obiettivo - nel momento peggiore della sua carriera da atleta - semplicemente incredibile: le Olimpiadi a Tokio nel 2020.

Il talento non basta

Un esempio di sport come veicolo per l'integrazione e l’inclusione sociale. Ed infatti il velocista ha condiviso la sua esperienza di vita durante il meeting internazionale “Sport for social inclusion and development: alliances for private-public action plans” organizzato dall'Alta scuola di Psicologia (Asag) dell’Università Cattolica di Milano con il supporto dell’Unesco e il patrocinio dell’Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ma il suo è anche un messaggio di speranza e passione per il lavoro. Perché «lo sport insegna che per la vittoria non basta il talento, ci vuole il lavoro e il sacrificio quotidiano. Nello sport come nella vita». Parola di Pietro Mennea.


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