Università Cattolica del Sacro Cuore

Riuscire a rendicontare ai propri sostenitori l’efficacia e la bontà di un progetto è un fattore spesso determinante per la sostenibilità economica dell’operato di una Onlus. Attraverso il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia, l’impatto economico e quello psicosociale possono però essere visibili agli occhi di chi sostiene questi progetti. Una valutazione che può essere fatta ex post, ma che è molto più efficace se è partecipata. 

Il monitoraggio dell’impatto psicosociale

«Lo sport è uno strumento eccezionale per promuovere processi di inclusione sociale; il problema, talvolta, può essere dimostrarne l’efficacia, per rendere visibili i risultati – spiega Chiara D’Angelo, coordinatrice didattica del Master in Sport e intervento psicosociale di Asag e ricercatrice presso la Facoltà di psicologia –. Il nostro team ha una grande esperienza nel monitoraggio dell’impatto psicosociale. Ma il valutatore ha senso solo se è fin dall’inizio al tavolo di progettazione ed è parte integrante della valutazione stessa».

Fra le tante organizzazioni non lucrative di utilità sociale che hanno scelto il team dell’Università Cattolica per il monitoraggio dei propri progetti, vi è anche Fondazione Laureus Sport for Good Italia, impegnata dal 2005 a risolvere situazioni di disagio giovanile attraverso attività sportive e percorsi di sostegno educativo e psicologico. L'obiettivo è sostenere e rafforzare ragazzi e bambini che provengono da contesti sociali differenti, affinché affrontino la vita con l'energia e i valori degli sport di squadra. Per questo la Fondazione ha pensato il progetto “Polisportiva Laureus”, a Milano, Napoli e Roma.

Una rete di alleanze educative

L’idea più innovativa è venuta a Napoli, dove il project manager Arnaldo Rossi ha dato a diverse società del territorio la possibilità di connettersi fra loro, per unire scuola e Terzo settore. «Abbiamo coinvolto bambini e ragazzi che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di svolgere attività sportive – dice Arnaldo Rossi –, costruendo alleanze educative tra le società sportive del territorio e le cooperative sociali, che fungevano da enti invianti. In questo modo, è stata creata una rete inedita, dando vita a delle relazioni che potessero perdurare anche al di là del nostro progetto». 

Gli sport erano molteplici: basket, vela, judo, futsal. L’idea, davvero ambiziosa: inserire i ragazzi in alcune società che collaboravano con Fondazione Laureus, dando vita ad una partnership con queste realtà del territorio e fornendo loro formazione e affiancamento attraverso un team di psicologi. Il valore aggiunto è evidente: questo modello permetteva di lavorare sul minore, sul gruppo ma anche sulla rete creatasi fra le varie società sportive. 

Questo modello è poi stato adottato anche a Milano, dove il nostro team ha effettuato «una ricerca che monitorasse da un lato il benessere dei bambini, sia individualmente che come gruppo-squadra, e dall’altro lo sviluppo di una rete», come ricorda Vincenzo Walsh, responsabile Area progetti della Fondazione ed alumno del Master in Sport e intervento psicosociale diretto da Caterina Gozzoli.

«La Fondazione – continua Rossi – mette a disposizione degli psicologi dello sport che affiancano l’allenatore per fare in modo che oltre alle competenze tattiche ne vengano sviluppate anche altre di tipo relazionale, che accrescano dinamiche inclusive». Processi che ovviamente sono al centro anche della valutazione partecipata. «Perché il valutatore non è chi dall’esterno dice “fai bene” o “fai male” – chiosa la professoressa D’Angelo, che ha lavorato sul progetto per tre stagioni – , ma chi, grazie alla valutazione, dà elementi per progettare e riprogettare continuamente».


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