Università Cattolica del Sacro Cuore

di Francesco Berlucchi

Il cielo è plumbeo sopra Milano. Le gocce di pioggia si fanno sempre più insistenti. Carolina Kostner sorride quando le chiediamo se preferisce spostarsi sotto il portico bramantesco, per non bagnarsi. A portarla lì, nel chiostro dorico della Cattolica, è il dialogo interculturale con un’altra artista, il direttore d’orchestra Beatrice Venezi, per la chiusura delle attività didattiche della quarta edizione del Master Corporate Advisory e risorse interculturali (Carint) diretto dal professor Alberto Banfi. «Se mi sento più atleta o artista? Dipende dalla circostanza – risponde la campionessa del mondo di pattinaggio artistico su ghiaccio – La curiosità e la motivazione mantengono viva la voglia di migliorare sempre. Ti fanno apprezzare quella voglia innata di cogliere tutti gli attimi, ogni possibilità che hai. E forse questo ci rende tutti un po’ artisti».

«Siamo state pionere... Come si raggiungono i risultati, fa la differenza»

Classe 1987, Carolina ha conquistato la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Soči nel 2014. Ha vinto cinque medaglie mondiali, due volte d’argento e tre di bronzo, oltre all’oro del 2012. È stata cinque volte campionessa europea, nove volte campionessa italiana e, per tre stagioni di fila, prima al mondo nel ranking dell’International Skating Union (ISU). «Sono entrata in scena nel 2003, quando il livello tecnico non era quello di oggi. Insieme ad altre due o tre ragazze, abbiamo portato un livello più alto nella nostra specialità, soprattutto tra le donne. Siamo state pioniere. Un giorno, però, cresci e ti rendi conto che c’è un’altra generazione che sta alzando di nuovo gli standard. E sono atlete che apprezzi tantissimo. Sai che tu hai la possibilità di poter rimediare in qualche altro modo, con la maturità, l’esperienza e la sensibilità acquisite nella vita di tutti i giorni, anche attraverso momenti molto difficili: dispiaceri, preoccupazioni, scelte di vita. Sapevo di poter competere nel mio modo (dice, soffermandosi sull’aggettivo possessivo, ndr), e questo ha reso gli ultimi anni molto speciali. Insegnare ai giovani che ciò che fa la differenza sono il come e il perché si raggiungono certi risultati, è diventata una missione. Così come sentire la musica, creare una connessione non soltanto con il giudice ma soprattutto con il pubblico».

«Sogno di diventare mamma e mi rendo conto quanto è stata difficile la scelta dei miei genitori»

Da piccola, i suoi miti Carolina li cercava dentro casa: erano suo papà Erwin, olimpionico di hockey su ghiaccio, oggi allenatore, e sua cugina Isolde Kostner, regina della discesa libera, una delle tre sciatrici italiane più vincenti della storia. «Mi hanno dimostrato che era possibile uscire da una piccola valle (la Val Gardena, ndr) e arrivare fino alle Olimpiadi. Facendo tanti sacrifici, certo, ma i sacrifici più duri sono sempre quelli che vivi ogni giorno. La scelta di lasciare casa, a causa del crollo del palazzetto del ghiaccio di Ortisei nel 1999, è stata dura. Avevo solo 13 anni. Sono davvero riconoscente ai miei genitori di avere avuto il coraggio di farmi partire. Io non avevo dubbi, avevo già scelto il pattinaggio. Ma avendo oggi il desiderio di diventare mamma, mi rendo conto che è una scelta molto difficile, forse più per un genitore che per una figlia». 

A 13 anni Carolina si trasferisce in Baviera, a Oberstdorf, per allenarsi al meglio e vivere in un collegio sportivo fino all’esame di maturità. «Nel collegio c’era una cabina telefonica con un telefono senza tasti, dunque le chiamate le potevi solo ricevere. Mia mamma mi chiamava il giovedì alle cinque di pomeriggio. A volte convincevo la mia compagna di stanza a intrattenerla, perché l’allenamento non era ancora terminato e perdere quella telefonata voleva dire passare un’altra settimana senza sentire casa. In Germania, però, ho incontrato un sistema scolastico che mi ha permesso di fare compiti in classe via fax, interrogazioni via telefono, e questo rendeva noi studenti molto motivati. Sostenere l’equilibrio tra studio e sport degli atleti, come sta facendo l’Università Cattolica, è una bellissima iniziativa. Perché la formazione può essere una forza in più anche nello sport. E allo stesso tempo fare sport significa accettare le sconfitte, rialzarsi dopo le cadute, perseguire un obiettivo a lungo termine, avere disciplina nella quotidianità, saper gestire già da giovani il proprio tempo per avere la fortuna, forse, di avere un po’ di tempo libero». 

«Sento una certa responsabilità, voglio guarire dall’infortunio prima di prendere decisioni sul futuro»

Il 2020 non è stato un anno da ricordare nemmeno per Carolina. A causa della pandemia che ha paralizzato lo sport, ma anche dell’infortunio e della conseguente operazione all’anca. «Il Covid-19 è una sfida, che come ogni altra sfida ti costringe ad essere creativo e trovare soluzioni. Quest’anno non ho gareggiato ma mi sono messa a disposizione di tanti atleti più giovani come orecchio, perché sapevo che era un momento molto difficile per loro dal punto di vista dell’ispirazione e della motivazione.

Arriverà prima o poi, anche se io spero non arrivi mai, il momento in cui dovrò decidere cosa fare da grande. Forse è per questo che sento una certa responsabilità nel guarire dall’infortunio prima di prendere qualsiasi tipo di decisione legata al ghiaccio. Il mio sogno è rimettere i pattini, la modalità non è così importante perché lo sport è molto più di una semplice competizione. Piuttosto, mi sto chiedendo in che modo posso condividere la mia passione in modi anche nuovi, soprattutto con i giovani. Questo è lo stimolo che mi accompagnerà nei prossimi mesi. È un periodo di rigenerazione. Io non mi sono mai trovata per più di tre settimane nello stesso posto: il giovedì ero a San Pietroburgo e il venerdì a Toronto. Ad un certo punto, tutto il mondo si è dovuto fermare. Io lo avrei fatto in ogni caso a causa dell’infortuno, ma è proprio in questi momenti che fermandoti, rifletti». 

«Cogliete l'attimo, con umiltà e coraggio»

Cogliere l’attimo e avere il coraggio e l’umiltà di intraprendere un percorso. Questi sono i consigli di Carolina agli studenti della Cattolica. «Ho avuto la fortuna di essere trovata dal pattinaggio, perché è lui che ha trovato me. La bellezza è vivere il momento, pur con tutti gli errori che possono capitare. Ma farlo, ne vale la pena. Provarci, è ciò che conta davvero. Quando ho iniziato a pattinare per la medaglia olimpica, la musica era partita da dieci secondi, io ho solo alzato la mano e c’è stato un boato tra il pubblico. Non era tifo per l’Italia o per un altro Paese. Era tifo per la bellezza di questo sport. In quel momento mi sono sentita apprezzata e incoraggiata a dare il meglio, a prescindere dall’obiettivo personale. Poi, di colpo, è piombato il silenzio. È stato come fermare il tempo. Sono momenti che ti capitano una, forse due volte nella vita. Ma danno il senso a tutto il resto».


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