Università Cattolica del Sacro Cuore

La pandemia e la sfida dell'educazione
Bambini e adolescenti al tempo del Covid19


Siamo in un momento storico che ci ricorda l’Apocalisse. Dopo la pestilenza la guerra e chissà che non ci attenda anche la carestia per l’effetto del cambiamento del clima e a causa dei mercati dove scarseggiano i beni indispensabili come le materie prime, energetiche, alimentari, il gas… Con questo riferimento decisamente poco rassicurante il rettore Franco Anelli ha aperto un incontro promosso il 4 aprile dal Centro di ricerca sulle Relazioni interculturali dell'Università Cattolica insieme alla Pontificia Accademia per la Vita della Santa Sede per presentare il Documento La pandemia e la sfida dell'educazione. Bambini e adolescenti al tempo del Covid19 elaborato in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e la Commissione Vaticana Covid-19. Il documento è dedicato agli aspetti pedagogici, psicologici e sociali degli eventi collegati al Coronavirus che riguardano le giovani generazioni.

Il Rettore ha sottolineato che di fronte a questa crisi in cui «sta saltando l’equilibrio del mondo e si sta ricreando la tensione geopolitica, l’educazione è la capacità di confrontarsi con i fenomeni attuali, nuovi e inediti. Nel formare menti non incrostate di pregiudizi, reattive e flessibili si gioca la partita decisiva tra gli educatori».

Il compito che attende le agenzie educative e le famiglie è cruciale e secondo il preside di Scienze della formazione Domenico Simeone si esprime in due modi: «Con la rêverie materna, ossia la capacità dell’adulto di farsi carico dell’angoscia del bambino per contenerla e rielaborarla restituendo al piccolo qualcosa di dotato di senso, e con l’ascolto della voce dell’infanzia per cogliere il punto di vista di chi sta crescendo».

I più piccoli oggi sono stati messi di fronte alla malattia e alla morte in modo brutale ma, come ha sostenuto Milena Santerini, pedagogista, direttrice del Centro di ricerca promotore dell’evento e vice preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia, «abbiamo assistito anche alla capacità di resilienza dei bambini che hanno mostrato una speciale cognizione del dolore, esprimendo domande con una verità di cui gli adulti non sono capaci. Gli adulti hanno il compito di sostenere la loro grande forza spirituale, l’empatia che fa loro comprendere il dolore degli altri e manifestare un sentimento di speranza e fiducia nella vita».

Se tutti ci siamo trovati nella tempesta della pandemia, non tutti eravamo sulla stessa barca. Con questa immagine monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha inquadrato il documento che prende in considerazione le fasce della popolazione più fragili. «In Italia c’è stata una strage di anziani nei primi mesi di pandemia e questa popolazione è quella che si è trovata sulla prima barca. La Pontificia Accademia della Vita ha voluto emanare un testo che ha parlato dei centoquarantamila anziani morti. Gli ultimi trent’anni della vita richiedono una cura più attenta di quella per gli anni precedenti ed è tutta da inventare». Monsignor Paglia ha poi ricordato le altre due barche: «Quella dei disabili che sono stati dimenticati e lasciati senza aiuti per loro indispensabili e quella dei bambini». L’esperienza degli ultimi due anni ha messo in evidenza l’inesorabile fragilità dell’uomo e l’interconnessione che lega tutti. Per questo, ha ricordato infine Monsignore, la cura è la cifra che può condurci alla salvezza

Dall’incontro è emerso un ritratto dei minori inquietante ma al tempo stesso pieno di speranza. Alcuni dati sono lo specchio dei gravi problemi che hanno afflitto la generazione dei più piccoli. Da un’indagine dell’ospedale Gaslini di Genova subito dopo il primo lockdown di giugno 2020 si evince che rispettivamente il 65% e il 71% dei bambini sotto e sopra i sei anni ha avuto problemi comportamentali e di regressione con sintomi di irritabilità, disturbi del sonno e d’ansia. «In particolare, i bambini più piccoli hanno sviluppato malattie psicosomatiche curate anche con psicofarmaci - ha spiegato la psicologa e saggista Silvia Vegetti Finzi - mentre per gli adolescenti sono state spesso necessarie terapie psicologiche per far fronte a irritazione, litigiosità, calo del rendimento scolastico, incapacità di scelta del percorso di studi come se non avessero più fiducia nel futuro. Gli adolescenti chiusi in casa hanno visto spezzato il proprio desiderio di uscire e frequentare gli amici e la domanda “chi sono io?” non ha trovato risposta perchè orfana di altri linguaggi oltre quelli appresi in famiglia». 

Una lettura condivisa da Daniele Novara, pedagogista e direttore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, che ha evidenziato come «la privazione della scuola materna, della socializzazione e dell’interazione e condivisione di codici fraterni trasformi questi bambini in adulti problematici». A questo si è aggiunto un rientro nelle classi con restrizioni troppo severe. «Non si potevano condividere gli oggetti, bisognava entrare a scuola in orari scaglionati, rispettare il distanziamento, indossare le mascherine… I bambini non hanno potuto vedere i sorrisi dei maestri. Ricordiamo che con il sorriso il neonato si salva perché attiva l’accudimento della madre. Si tornerà alla normalità quando le scuole avranno sospeso il divieto dell’interazione dei volti».

«Alla pandemia da Covid 19 è seguita una pandemia parallela che ha colpito i bambini e per la quale non esiste un vaccino sociale, culturale, educativo che combattesse lo stress, la deprivazione da contatto e l’isolamento» - ha dichiarato Silvio Premoli, pedagogista dell’Università Cattolica e Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Milano. È importante ascoltare i minori e Premoli ha dichiarato l’auspicio di riuscire a creare un tavolo di consulenza che li veda seduti insieme al Garante. «Accanto all’ascolto c’è la responsabilità degli adulti di considerare alla pari i piccoli in tante situazioni e insegnare loro che devono farsi vedere con gentilezza, rispetto e fermezza». Questo vale a maggior ragione se si pensa che solo a Milano i bambini sono solo 209.000, il 15% della popolazione destinati nel 2030 a diventare il 13,6%.

Fonte: Cattolica News
 


 

 

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