Università Cattolica del Sacro Cuore
Sviluppo risorse umane

Non c’è bisogno di calcare i grandi palcoscenici dello sport per imparare a trovare sempre la giusta parola con i collaboratori. Ne parliamo nel Corso executive online Parola di Manager, in partenza a marzo 2021. E c'è anche un'edizione dedicata a laureandi e neolaureati.

di Lorenzo Cavalieri, docente del corso Parola di Manager. Consulente e formatore, managing partner @ Sparring

Lo sport che vediamo in televisione non è solo lo spazio dei grandi campioni, ma spesso diventa anche lo spazio dei grandi comunicatori e quindi fonte di ispirazione per chi con le parole ci lavora. Hanno fatto il giro del mondo le immagini del dialogo tra Pablo Matera, capitano della nazionale argentina di rugby e Mister Gardner, arbitro della sfida internazionale Argentina – Nuova Zelanda. Molti hanno sottolineato la fermezza e l’orgoglio delle parole del giocatore, ma in realtà il capolavoro comunicativo è stato dell’arbitro. Poche battute in campo, con l’adrenalina e le pulsazioni a mille, che sintetizzano una lezione di comunicazione assertiva ed efficace per i manager di tutto il mondo

Nella mia esperienza di calciatore da Terza categoria ho conosciuto ben altri approcci arbitrali al confronto con gli atleti. Evidentemente quando il livello sale, crescono a dismisura anche le capacità gestionali dei direttori di gara. Il rugby poi evidentemente ha qualcosa in più in termini di savoir faire. Analizziamo i fatti. Un giocatore dell’Argentina prende un pugno in faccia a gioco fermo. Il suo capitano Pablo Matera parte al contrattacco dell’aggressore mettendogli le mani addosso. A questo punto l’arbitro decide di intervenire: “Pablo sei il capitano. Abbiamo bisogno della tua leadership, ok?”. In queste poche parole ci sono già due lezioni di comunicazione da applicare a tutte le situazioni in cui il manager deve riprendere un suo collaboratore: primo richiamare la persona alle sue responsabilità (“sei il capitano”); secondo evitare il giudizio ed esprimere un bisogno.

Non giudicare, esprimi piuttosto il tuo bisogno

Nel mio mondo calcistico di Terza categoria, l’arbitro avrebbe espresso un giudizio perentorio: “Ma che… fai, proprio tu che sei il capitano”. Qui invece si vola alto, concentrandosi sull’espressione di un bisogno: “Abbiamo bisogno della tua leadership”. È esattamente ciò che si deve fare per evitare di essere aggressivi senza però perdere forza, passare dal giudizio al bisogno. Invece di dire “non essere aggressivo” (giudizio) scegliere la frase “ho bisogno di parlarne con tutta serenità” (bisogno). Invece di dire “sei distratto” scegliere la frase “abbiamo bisogno di tutta la tua concentrazione”. Da notare l’utilizzo della prima persona plurale “Abbiamo bisogno (noi) della tua leadership”. In questo modo il giocatore viene richiamato alle sue responsabilità nei confronti di tutti i presenti. È come se l’arbitro dicesse “guarda che non è una richiesta che ti faccio solo io, anche gli altri hanno bisogno di te.” Successivamente Gardner perfeziona la sua osservazione indicando precisamente il comportamento non appropriato: “Quello di cui non abbiamo bisogno è che tu spinga i giocatori dopo il mio intervento, ok?”.

Descrivi puntualmente il comportamento inappropriato evitando generalizzazioni

L’errore in cui cadono molti manager nel momento del rimprovero è di generalizzare “sei in ritardo troppo spesso”, “non ti accorgi mai di quando esageri”, “stai sempre a lamentarti”. Per essere efficaci bisogna essere invece molto precisi e puntuali nella descrizione dei fatti, limitandosi a constatare qualcosa che è inoppugnabile e che palesemente non aiuta nell’esecuzione corretta del lavoro. Il capitano reagisce in modo molto maturo e deciso: “Ok, ma non posso tollerare di vedere qualcuno colpire in faccia i miei compagni. Questo non è rispetto”. Questa bella risposta è senz’altro figlia della sua personalità, ma è probabile che sia anche figlia della performance dell’arbitro. 

Se riprendi il tuo collaboratore con fermezza ma senza giudizi la reazione sarà più matura

Il bello di esprimersi in modo assertivo è che la reazione dei tuoi collaboratori è tendenzialmente rispettosa e costruttiva. Se l’arbitro fosse stato “di terza categoria” e avesse detto “ma che…fai, proprio tu che sei il capitano” sicuramente Pablo Matera avrebbe risposto “e tu come la stai arbitrando ‘sta partita?”. Il capolavoro comunicativo dell’arbitro va avanti: “lo comprendo, ma lascia che ce ne occupiamo noi. Non abbiamo bisogno dell’intromissione del capitano. Mostrami la tua leadership”. Con la prima frase riesce a legittimare la posizione del giocatore (“comprendo”) e con la seconda a mettere in chiaro la differenza dei ruoli e delle responsabilità (“lascia che ce ne occupiamo noi”). 

Concludi con un appello positivo alle sue capacità 

Con l’ultima frase Mister Gardner rilancia la collaborazione con il capitano. Basta un invito sincero e fiducioso a dimostrare il meglio delle sue capacità (“Fammi vedere la tua leadership”) per chiudere il confronto in modo positivo e costruttivo. Non gli ha detto “devi avere più leadership” sottintendendo un difetto (ti manca qualcosa); gli ha detto “mostrami la tua leadership”, sottintendendo una dote (ce l’hai già, non ti manca, usala). Il tutto pronunciato con una calma olimpica. Calmo l’arbitro calmo il giocatore. Se è calmo il capo, sarà calmo anche il collaboratore. Non c’è bisogno di calcare i grandi palcoscenici dello sport per imparare a trovare sempre la giusta parola con i collaboratori. Ne parliamo nel corso executive online Parola di Manager, in partenza a marzo 2021, con Nicoletta Vittadini e Maria Teresa Zanola. Parlare e scrivere efficacemente in un’impresa sostenibile. 

Credits: video da Corriere.it


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