Università Cattolica del Sacro Cuore

Di Francesca Petitto (Università Cattolica - Milano)

 

1. La geopolitica delle serie distopiche: uno sguardo a Nord America e Russia

Se le voci delle generazioni passate sentivano il bisogno di raccontare ciò che li circondava, il nostro bisogno di identità si basa su una più matura volontà di capirsi e forse addirittura di spiegarsi a occhi esterni. Le serie televisive di genere distopico in particolare sembrano aver elevato a obiettivo primario quello di tirare le somme sugli eventi che popolano i primi anni del duemila. Nel momento in cui le produzioni vengono confrontate con il loro paese di provenienza, il loro valore geopolitico assume una pragmaticità sorprendente. Analizzando il caso di Nord America e Russia, si può notare come le produzioni distopiche siano ad esempio portatrici di una storia che si specchia con sè stessa, mostrando due modi simili e al tempo stesso opposti di elaborare il proprio passato, presente e futuro.

 

2. The Walking Dead e la fine della civiltà

L’ossessione per il disastro e l’apocalisse è una delle tematiche più declinate nella distopia americana. Presenta due costanti: la visione di un’America devastata e l’idea che quella stessa devastazione sia una sineddoche da intendersi come annientamento di ogni tipo di civiltà.
The Walking Dead in questo caso si presta come una perfetta metafora dell’America post-9/11, in cui il senso di sicurezza e protezione sono venuti a mancare, sostituiti da un sentimento di angoscia verso il futuro (Moisi 2017).
Il tratto in comune tra questi temi è un continuo rimandare gli uni agli altri, estendendosi in lunghi racconti serializzati che ci restituiscono l’immagine degli USA oggi, tra ideali politici disillusi, manie di controllo, valori etici incerti e scetticismo verso il cammino della parità sociale. Il messaggio è come non sia il mito dell’apocalisse ad abbattersi sull’uomo, quanto l’uomo a corrervi incontro in ogni modo.
Qualsiasi sia il messaggio, però, le distopie americane non riescono mai ad abbandonare il proprio sottotono epico. Viene comunque fuori un racconto artificiale in cui non può mancare l’ideale dell’America come terra di speranza e di ricostruzione. Anche quando sembra essere troppo tardi, il Nord America cerca comunque di salvare il mondo.
In The Walking Dead, serie della rete via cavo AMC uscita nel 2010, è Rick Grimes a rappresentare l’eroe americano. Un personaggio positivo costretto ad attraversare un arco di trasformazione che va dal desiderio di riaggiustare le cose all’arrendersi agli eventi incontrollati.
Che la disillusione si sia fatta spazio all’interno del cuore di Rick Grimes però non è mai importante quanto il dovere di portare avanti la propria comunità e continuare a crescere suo figlio, anche se forzato a farlo in un mondo allo sbaraglio.
Rimane comunque la speranza che si possa sempre fare del proprio meglio, che viene espressa dalle ultime parole che Lori, moglie di Rick, dice al figlio Carl:

“Sei forte, sei intelligente, sei coraggioso. Tu l’avrai vinta su questo mondo”.

Più avanti nella serie, Carl dirà le stesse parole alla sorella Judith, con una di tristezza innegabile e inestinguibile volontà di proseguire:

“Prima di morire, mamma mi ha detto che l’avrei avuta vinta su questo mondo. Non ce l’ho fatta, ma tu ce la farai”.

 

3. La distopia russa in lotta contro un mondo cristallizzato.

Se gli USA sognano un mantenimento identitario, arrivando a insinuare che quell’identità sia l’emblema della civiltà stessa, il desiderio russo potrebbe dirsi simile ma declinato diversamente.
La distopia russa desidera preservare la propria cultura, ma per farlo sente il bisogno di destrutturarla e riassemblarla. In un paese che viene di per sé già descritto da Aleksandr Chantsev come una “fattoria anti-utopica”, i russi oscillano tra l’amore e l’ostilità per la propria patria e storia.
Dagli anni ’90 ai primi del 2000, la letteratura mainstream in Russia rielabora i traumi storici del paese, a partire dalla Rivoluzione del 1917 fino alla disintegrazione dell’URSS. Negli anni 2000, il discorso distopico riemerge con forza, rianimato dalla “questione del 2008”, ovvero le elezioni presidenziali in Russia, che prevedevano la dimissione di Putin e la scelta di un successore.
Si tratta di un evento politico che oggi guardiamo con occhi diversi, ma che già in quell’anno aveva favorito la proliferazione di anti-utopie e trattati politici. A differenza delle opere passate, che riflettevano le rovine della fallita Unione Sovietica, le opere distopiche degli ultimi anni rappresentano un rifiuto del nuovo stato russo, unite da un’accusa verso l’attualità politica.
Con parole diverse, il riconoscimento dell'insostenibilità della società russa porta a una reazione conservatrice del “passato nazionale", che si traduce in un’unica missione, quella di preservarsi. La preservazione avviene lasciando ogni tipo di discorso politico nascosto, o al massimo sottinteso, nelle pieghe della narrazione, concentrandosi su quello che potremmo definire come il valore primario della famiglia.
La famiglia russa come esponente dello stato è un’immagine contrapposta a quella dell’eroe americano. L’eroe deve salvare gli altri e unire il mondo, la famiglia russa deve salvare sè stessa e difendersi dal mondo.
Un esempio evidente è presente in To The Lake, serie tratta dal romanzo Vongozero di Jana Vanger e distribuita dalla piattaforma russa Premier nel 2019. Gli abitanti di Mosca sono colpiti da un virus di origine sconosciuta. In brevissimo tempo la città è preda dell’epidemia, in quarantena, e popolata da predoni in cerca di risorse.
Il protagonista Sergei scappa in Carelia insieme alla nuova compagna, al figlio di lei, all’ex moglie con il figlio che hanno avuto insieme. Lì, su un'isola deserta, questo particolare gruppo di persone deve trovare il modo di superare i propri dissapori e nascondersi.
In To The Lake il nucleo familiare e la ripresa delle relazioni umane riacquistano importanza. La catastrofe globale e l’apocalisse divengono un mero sfondo, il cui unico compito è avvolgere il vero nocciolo della storia: un brutale dramma familiare, fatto di persone che normalmente non sarebbero mai più riuscite a stare sotto lo stesso tetto per più di qualche ora.
Il virus è solo la lente tramite cui viene analizzato il tessuto sociale russo, dilaniato da sentimenti di sospetto e sfiducia nei confronti del prossimo e dall’incubo costante di una guerra civile che, in termini seriali, si nasconde sotto la delicata metafora di una famiglia divisa.

 

4. Un confronto tematico e produttivo tra la distopia americana e quella russa

La realtà americana e quella russa sembrano vivere nel desiderio di confrontarsi, oggi è chiaro come non mai. Tuttavia, confrontare la loro produzione, la loro storia, i punti di contatto e di distacco è più che difficile, perché entrambe si attaccano con violenza alla loro storia e alla loro credenze. La vorace prepotenza americana si scontra con il distacco isolazionista di una Russia che non vuole aprirsi al mondo, ma al tempo stesso si percepisce congelata.
La natura geopolitica della distopia parla chiaro nel momento in cui si va ad analizzare la storia produttiva o, nel caso della Russia, la difficoltà produttiva delle serie. Per quanto riguarda gli USA, privilegiando il realismo culturale e concettuale rispetto al realismo generico, The Walking Dead chiede al pubblico di essere presa sul serio come farebbe con altre serie TV di qualità. La narrazione di The Walking Dead viene progettata per durare anni, proprio per dare l’idea di un mondo che subisce un cambiamento drastico e, da quel momento, non smette mai di mutare.
To The Lake invece incontra nel panorama produttivo russo non poche resistenze, come nel caso di altre serie tv dello stesso genere. La serie era stata presentata in anteprima il 14 dicembre 2019 con una messa in onda settimanale degli episodi. Tuttavia, il quinto episodio viene rimosso dalla piattaforma nella stessa sera dell’uscita e la proiezione della seconda parte della serie viene rimandata al 2020. Secondo il giornale online Vedomosti e altri media, una possibile ragione per la rimozione dell’episodio è che mostrasse lo sterminio di civili da parte della polizia antisommossa russa.
In questo senso è particolarmente coinvolgente come la realtà della distopia sia talmente sensibile e vicina a quella della nostra contemporaneità da andare ancora oggi incontro alla censura di elementi che possono risultare controversi.
Tra l’altro, è interessante notare che sia To The Lake che The Walking Dead facciano riferimento alle forze dell’ordine, per quanto in modo molto diverso. Da un lato, Rick Grimes è un poliziotto e per questo sembra sentirsi in qualche responsabile degli altri, dall’altro i personaggi di To The Lake che non si fidano delle forze antisommossa, nonostante vorrebbero poterle considerare una fonte di protezione.
Il moto circolare con cui le serie distopiche partono dalle ossessioni della collettività e ci riportano alla nostra contemporaneità è brillante. Basta saper guardare con attenzione per captare gli stessi medesimi segnali che pian piano si accumulano, si ammassano e poi, d’un tratto, si trasformano nei grandi eventi che plasmano il nostro presente.
Nel caso di Nord America e Russia, quei segnali lampeggiano sempre più insistenti: il terrore americano di cadere, la mania della Russia di perdersi, gli ideali di sopravvivenza e ricostruzione di entrambe.

 

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